Maria Grazia Capozzi_Voi che per li occhi mi passaste il core

Il lavoro è ovviamente ispirato dal sonetto di Cavalcanti, uno dei rari esempi di poesia stilnovistica in cui la rappresentazione del turbamento d’amore, interiore, si traduce direttamente in rappresentazione di una disturbance fisica: il turbamento diviene fatto visibile.

Come il resto del mio lavoro, anche questo progetto (che consiste delle sole tre immagini che allego alla scheda) non si può definire fotografico in senso stretto. Le opere nascono come rielaborazione digitale di appunti fotografici, e l’evento rappresentato è davvero quello che si realizza, talvolta assai casualmente, nel corso della postproduzione. Nel caso di Voi che per li occhi mi passaste il core sono partita da un mio autoritratto ed ho lasciato che si scontrasse con altre immagini che via via aggiungevo in fase di postproduzione. Il risultato è la rappresentazione del mio corpo che dall’impatto con la superficie bianca, è disintegrato, o quanto meno fortemente metamorfizzato.